Die tote Stadt

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Luogo: Venezia
Anno: 2009
Musica: Erich Wolfgang Korngold
Direttore: Eliahu Inbal
Regia: scene e costumi: Pier Luigi Pizzi

A rappresentazione finita uscendo da teatro e guardando i bagliori dell’acqua stagnante sotto i ponti alle luci della sera ci si chiede un po’ storditi dov’è il confine fra realtà e finzione o se stiamo sognando pure noi.

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Difficilmente potremmo immaginarla in un allestimento diverso: lo firma Pier Luigi Pizzi ed è uno dei suoi, in assoluto, perfetti. Pizzi è un grande, sa raccontare con toccante sensibilità, ma vuole temi del presente. È un moderno. Basti la minuziosità e anche il coraggio con cui apre il sipario sulla stanza-tabernacolo della morta: lei è infatti «die Tote», la protagonista assente, il fantasma che incombe sul giovane Paul, il tenore che Korngold mette sul lettino di Freud. Sua moglie è morta. Naturalmente era bellissima, insostituibile. Lui la venera in stato di perenne esaltazione malata. Pizzi le arreda una stanza nera ovunque, dai cuscini per terra alle cornici, laccato Jugendstil […] la scena è tutta doppia, a specchio. Ma lo specchio è al cubo, all’infinito, perché tutto lo sfondo è fatto di acqua riflessa, nera e paludosa, come vuole il libretto: nemmeno la luna la illumina. Il macabro è nell’acqua.

Carla Moreni – Il Sole 24 ORE

Pier Luigi Pizzi rappresenta tutto ciò in un bellissimo ambiente anni 20 tutto giocato sul bianco e nero, formale e freddo, che cela alle spalle una distesa d’acqua sovrapposta da un enorme specchio che riverbera le immagini e i deliri di Paul.

Sebastiano Bollato – NonSoloCinema

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