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Titolo: Norma
Luogo: Napoli
Anno: 2016
Musica: Vincenzo Bellini
Libretto: Felice Romani
Direttore: Nello Santi
Regia: Lorenzo Amato
Scene: Ezio Frigerio
Costumi: Franca Squarciapino

L’ottimo disegno luci di Vincenzo Raponi sottolinea, con un continuo gioco di luci ed ombre, il caleidoscopio di emozioni e di sentimenti che pervade l’opera.

Il team drammaturgico composto da Lorenzo Amato per la regia, Ezio Frigerio per l’allestimento e le scene, ed i costumi di Franca Squarciapino, le luci oniriche di Vincenzo Raponi, ha presentato una “NORMA” in una chiave insolita

Rilevante e determinante il lighting di Vincenzo Raponi

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L’allestimento è decisamente uno dei più belli visti al San Carlo negli ultimi anni ed è la prova che si possono creare cose straordinarie anche con un budget ridotto. Le scenografie di Ezio Frigerio fanno un uso sapiente delle belle videoproiezioni di Sergio Metalli, con foreste, montagne e pareti rocciose che diventano un prolungamento virtuale delle scene, conferendo alle stesse un incredibile senso di profondità. L’ottimo disegno luci di Vincenzo Raponi sottolinea, con un continuo gioco di luci ed ombre, il caleidoscopio di emozioni e di sentimenti che pervade l’opera. Le chiare suggestioni fantasy creano un’atmosfera che fa pensare subito al grande schermo, complici anche gli eccellenti costumi di Franca Squarciapino, curati fin nei minimi dettagli. La regia di Lorenzo Amato è la dimostrazione che è possibile innovare senza stravolgere la tradizione. L’idea della morte aleggia sin dall’inizio dell’opera: all’apertura del sipario, i figli di Norma si imbattono nel cadavere di un Druido ed assistono mentre due uomini lo portano via. I roghi in vari punti della foresta fanno subito pensare ad uno scenario di guerra, ma il regista decide sapientemente di porre in secondo piano il conflitto tra Galli e Romani, concentrandosi principalmente sulla carica drammatica dei personaggi, la cui forza intrinseca è il vero cuore dell’opera. Convince la scelta di ambientare l’opera in un tempo indefinito e in un non luogo evocativo, facendo assurgere la vicenda, la cui attualità è indiscutibile, ad una categoria universale.

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Un tutto esaurito per questa originale rappresentazione fedele sì alla tradizione ma rivisitata in chiave ‘fantasy’. Il team drammaturgico composto da Lorenzo Amato per la regia, Ezio Frigerio per l’allestimento e le scene, ed i costumi di Franca Squarciapino, le luci oniriche di Vincenzo Raponi, ha presentato una “NORMA” in una chiave insolita, tecnologica, piena di effetti speciali che hanno avuto il “coup de théâtre” con la pira finale – un momento di grande effetto scenico dove le fiamme hanno invaso tutto il palcoscenico minacciando, quasi, di mettere a fuoco la platea. Il nuovo allestimento del “San Carlo” fa emergere i personaggi da atmosfere oniriche, in una dimensione atemporale. Da una foresta carica di vita e magia, di misteri e misticismo, emergono le frustrazioni di un popolo colonizzato e le istanze nazionalistiche dei Druidi verso i Romani.

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Il San Carlo ha affidato a Lorenzo Amato Norma, una nuova produzione, scene di Ezio Frigerio, bei costumi di Franca Squarciapino, e il regista le ha conferito un ottimo impatto visivo, mantenendosi sobrio nelle scelte – ché di tanto in tanto risulta gradito andare all’opera senza dover decifrare simbolismi – ma sempre con equilibrio. Le luci, di Vincenzo Raponi, prevalentemente oscure, sono da interrelazione tra le scene – natura, paesaggio, metafora, anima.

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Non la solita Norma belliniana neoclassica, più romana che druidica, con voci da pieno Ottocento. Bensì un immenso affresco di fantasia dalle suggestioni possenti, sospeso in chiave universale e romanticissima nella storia come nel tempo entro la chiave prospettica di un elemento Natura che è rito e foresta, atmosfera lunare e fiamme, amore puro o sacrilego, immenso sacrificio. È insomma una grande sorpresa l’allestimento in nuova produzione del capolavoro di Vincenzo Bellini in scena in queste sere al Teatro San Carlo con la regia di Lorenzo Amato, le scene d’incanto firmate da Ezio Frigerio (con le luci di Vincenzo Raponi) e i preziosi costumi di Franca Squarciapino.

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Sarà stata  l’attesa, saranno state le scene suggestive di Ezio Frigerio,  sarà la presenza di un mito del belcanto come Mariella Devia, il debutto di Norma, in un’insolita prima pomeridiana, è stato davvero trionfale.
Al regista Lorenzo Amato è toccato il compito di raccontare, senza proclami e manifesti, una vicenda delle Gallie di un tempo lontano. I costumi, pensati senza tempo e metastorici, per non farsi mancare nulla, sono stati affidati al premio Oscar Franca Squarciapino. Rilevante e determinante il lighting di Vincenzo Raponi. La scena si infiamma del rosso del rogo finale che avvolge Norma e Pollione, ed ecco che divampa un applauso lungo oltre dieci minuti a salutare una prima, insolitamente pomeridiana e meritatamente sold-out.

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Sapevamo che Al San Carlo sarebbe arrivato qualcosa di nuovo, di stupefacente, di straordinario. Domenica questo momento è arrivato e il sipario si è alzato sulle note della Norma. Da tempo l’aspettavamo, cercavamo d’immaginare come sarebbe stata, quali sarebbero state le scene e la lettura registica, la reazione del pubblico… un sacro rito propedeutico che ha reso interminabile e inconsciamente piacevole l’attesa. Domenica, Norma era su quelle tavole con indosso un velo di fascino onirico, di fiaba. L’azione è incorniciata dalle scene di Ezio Frigerio. La Norma del Maestro è intrisa di un’atmosfera atemporale, mistica. La linea drammaturgica della messa in scena oscilla tra l’umana realtà delle debolezze terrene e la fiabesca dimensione onirica, espressa da una sconfinata e livida cattedrale di alberi imperlati dai raggi della luna, luogo gelido e impervio, quello di Norma e delle sue inquietudini soffocate, nelle scene successive, da una roccia ancor più livida e devastante, pronta apparentemente a lacerare tutto quel mondo così delicato e precario che Norma stessa ha creato e conserva. La regia di Lorenzo Amato sembra insistere sullo stretto intreccio tra la dimensione privata di Norma ed il conflitto bellico con i romani, il costante rapporto che i druidi hanno con la morte e l’assassinio politico rendono umana una dimensione quasi totalmente trascendente. Amato riesce a rendere in scena la linea narrativa serratissima che Bellini costruisce, dando anche valore drammaturgico ad ogni piccolo gesto, mai cadendo nello scontato o nel superfluo. Rocce, alberi e un geniale rogo finale costituiscono la grandezza di questa mise en scène la cui forza drammaturgica ed estetica giunge intatta. A stupire, infatti, sono l’energia e l’emozione concentrate in ogni piccola porzione di palcoscenico, che rendono questa messa in scena sempre perfettamente godibile. Questo è il teatro che il pubblico desidera, un teatro che continua nel ricordo anche a luci accese, che fa piangere e urlare il pubblico e che fa sorridere finanche gli stoici in sala, che al San Carlo proprio non mancano. La meraviglia e la soddisfazione che questa Norma ha riscosso continueranno a resistere nei ricordi del teatro ancora per molti anni, di questo ne siamo certi.

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Lo spettacolo si è avvalso delle scene e dei costumi di una coppia prestigiosa come Ezio Frigerio, autore delle scene e Franca Squarciapino per i costumi. Molto bello l’impatto visivo con un paesaggio vagamente nordico evocante una società primitiva: una foresta in cui poi dei resti di mura di pietra danno l’idea della casa di Norma, poi immagini di alti dirupi, il tutto illuminato da luci fredde, azzurrine a suggerire bagliori lunari o gelide atmosfere quasi celtiche. Accorto l’uso delle proiezioni che aumentano l’effetto di tridimensionalità, e creano suggestione. Coerenti con questa impostazione i costumi sempre sobri nel colore e lineari nel disegno fino a una essenzialità barbarica per quelli del coro.

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Fenomeno “Norma” 15 minuti di applausi e repliche già sold out. Quasi un quarto d’ora di ovazioni alla prima. Applausi perfino al regista, figura professionale che se osa distaccarsi dalle didascalie del libretto è candidato al martirio. Pubblico che rinuncia alla consueta fuga finale pur di restare seduto a rendere omaggio a tutti i protagonisti. Il San Carlo ritrova il gusto del successo clamoroso e incondizionato grazie a “Norma” di Vincenzo Bellini, che nel teatro napoletano mancava dal 1999: l’attesa da “tutto esaurito” alla fine è stata premiata da un allestimento da manuale, soprattutto se vi piacciono i manuali. Il regista Lorenzo Amato, lo scenografo Ezio Frigerio e la costumista Franca Squarciapino si collocano nel solco di una consolidata tradizione. Ci sono la foresta sacra, le selve, le pelli d’orso e, con minuzioso rispetto di quanto indicato dall’autore, anche i “lontani fuochi” che “trapelano dai boschi”. Né manca il rogo, che alla fine avvolge tutto e tutti: non viene tradito il libretto, insomma, e non viene sollecitata l’immaginazione, il che si è rivelato una formula vincente.

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Una gara di applausi che nessun applausometro può misurare. Norma, opera priva di grandi azioni e quasi atemporale, può essere insidioso. Ma l’ambientazione, tra cupi boschi e ruderi, fatta vivere con giochi di luce, si rivela risolutiva.

repubblica

This production of Norma was definitely one of total beauty, maybe the best staging seen at the San Carlo in recent years. Lorenzo Amato’s production respected the libretto’s story and poetry, also avoiding hackneyed or even risible elements that easily come up in mind from doing it in togas and Roman helmets. Scenographer Ezio Frigerio’s impressive set showed a clearing in a daunting (seemingly haunted) wood, dominated by a huge tree trunk and steep rocks all around, which represented the centre of the Druids’ cult of Irminsur. In this atmosphere, to which is added the outstanding costumes by former Academy Award winner Franca Squarciapino, the staging was perfectly rooted in the tradition, as far as time and place of action are concerned. But, even if it’s quite obvious that any setting of Bellini’s masterpiece tries to design a credible dramatic outline of the Druids’ fight for freedom, this staging was original in that Amato focused on the more intimate aspects of the opera, and kept the winds of war between Gauls and Romans blowing only in the back.

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